giovedì 27 novembre 2014

Protoindoeuropeo

Con protoindoeuropeo (abbreviato PIE) si intende un antico linguaggio ricostruito. Ricostruito significa costruito un'altra volta. Quindi c'era una volta una lingua protoindoeuropea di cui si sono perse le tracce? È quel che afferma una teoria linguistica dalla quale è poi scaturita la ricostruzione di questo linguaggio. Ma perché ricostruire il protoindoeuropeo? Perché si pensa che il protoindoeuropeo sia un linguaggio da cui sono derivati moltissimi dei linguaggi morti o attuali Europei e dell'Asia più vicina fino all'India. Ad esempio il latino e l'etrusco (e quindi l'italiano), il germanico (e quindi il tedesco e l'inglese), il sanscrito (e quindi lo hindi corrente). In effetti come fece notare per primo (1786) l'esperto di lingue indiane William Jones ci sono molte somiglianze tra greco, latino e sanscrito, le quali fanno pensare a un'origine comune. Anche tra lingue germaniche e lingue neolatine ci sono sorprendenti convergenze che rafforzano la teoria del PIE.

È interessante notare che in questo campo molto poco è provato, soprattutto perché questa lingua si è estinta e cioè trasformata prima dell'avvento della scrittura e quindi era solo parlata. Ed essendo solo parlata e ora morta l'unico modo per sperimentarla è tornare indietro nel tempo. Questa enorme difficoltà non ha scoraggiato gli studiosi dopo Jones ma anzi si sviluppò una intera branca della linguistica: la linguistica comparativa.

Oggi il PIE ha una sua fonologia (cioè la descrizione dei suoi suoni), una sua morfologia (cioè la descrizione della costruzione delle sue frasi) e una sua lessicologia (cioè la lista delle sue parole). A causa della già citata completa assenza di fonti le ricostruzioni differiscono leggermente da autore a autore ma naturalmente la convergenza è forzata dalle similitudini delle lingue conosciute. Ad esempio "due" in PIE è "d(u)wo" secondo Sihler e "duoh" secondo Beekes. È evidente che le differenze sono dettagli accademici.
È interessante a questo punto dare un'occhiata altre parole:

Uomo: *dhǵhemon-
Me: *H₁me-
Piede: *ped-
Cane: *ḱwon-
Morte: *mer-
In: *en
Nuovo: *néwo

Per approfondire è interessante e anche divertente la lista di parole presente sulla Wikipedia in lingua inglese1.

Ma perché i popoli primitivi avevano una lingua comune e noi uomini moderni ci siamo ridotti a parlare una infinità di lingue diverse? La risposta è semplice: gli esseri umani erano molto pochi e vivevano in pochi gruppi. Si pensi che al tempo degli antichi romani si stima che gli esseri umani fossero in tutto il mondo solo 300 milioni! Gli antichi romani, come si sa, parlavano il latino, una lingua derivata dal protoindoeuropeo e già molto matura. Quindi per trovare l'epoca del PIE si deve andare ancora più indietro nel tempo: si stima che l'indoeuropeo si sia trasformato in altre lingue al più tardi intorno al 4.000 ac, tuttavia altre stime si spingono indietro fino al 10.000 ac. E se la popolazione ai tempi intorno all'anno zero era di 300 milioni di persone doveva essere persino minore prima. Oltre a questa ridotta popolazione la frammentazione in piccole comunità alquanto isolate era molto rara e così lo era anche la frammentazione linguistica. Fu il successivo progresso della civiltà umana quello che consentì migrazioni vastissime e diffusione capillare di piccoli gruppi umani in tutto il mondo. Fenomeno che a sua volta determinò lentamente l'attuale divergenza linguistica.

Ma ora abbiamo un fenomeno opposto: la cosiddetta globalizzazione sta riducendo sempre più la distanza delle società umane e si ipotizza che ciò porterà l'umanità ad avere una convergenza linguistica che porterà a pochi linguaggi globali, come in effetti era nel remoto passato ma per motivi diversi. È il fenomeno dell'estinzione linguistica. In realtà si presume che alcune (poche) lingue soppianteranno le altre (tante) lingue ora esistenti da cui prenderanno dei tratti. In altre parole una lingua dominante si trasformerebbe perché, anche se soppiantasse decine e decine di altre lingue, riceverebbe da queste alcuni tratti, che ingloberebbe.

Avremo in futuro un neoindoeuropeo?

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